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La Cittadinanza Organizzativa secondo Bio-Tech

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Il Risk Management

Il risk management (gestione del rischio) è il processo ...

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Celebrato a Roma il centenario dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro

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Stress da Lavoro Correlato, l'Oms riconosce ufficialmente il "burnout"

L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha ...

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La Cittadinanza Organizzativa secondo Bio-Tech

Oggi parliamo di Cittadinanza Organizzativa.

Perché è tanto importante? E soprattutto, perché si rende necessario un corso di formazione?

Quando pensiamo al luogo di lavoro, spesso tendiamo ad analizzare il rapporto professionale che abbiamo con i nostri interlocutori, sottovalutando l’importanza delle relazioni tra le persone che compongono il “sistema organizzativo aziendale”.

Riteniamo che sia importante sviluppare la consapevolezza di appartenere ad una comunità aziendale perché:

  • Rafforza il morale dei dipendenti;
  • Aumenta il senso di fedeltà dei dipendenti;
  • Sviluppa la leadership;
  • Facilita il cambiamento organizzativo;
  • L’azienda persegue l’obiettivo di efficacia ed efficienza.

La cittadinanza organizzativa può essere definita infatti come un sentimento di appartenenza che spinge il lavoratore ad essere parte attiva dell’organizzazione e questo si traduce in una propensione a cooperare e in un coinvolgimento organizzativo.

Perché per un’azienda è importante che i propri dipendenti si sentano parte di “qualcosa di più grande”?

Quando le aziende promuovono ambienti coinvolgenti e partecipativi in cui i lavoratori si sentono in “contatto” con il proprio lavoro e con i colleghi, così da essere spinti ad interessarsi anche del lavoro altrui, si impegnano per conseguire prestazioni superiori e realizzare l’obiettivo comune, contribuendo così ad aumentare l’efficienza dell’azienda.

Il Risk Management

Il risk management (gestione del rischio) è il processo mediante il quale si misura o si stima il rischio e successivamente si sviluppano delle strategie per governarlo.

Ma cosa intendiamo con il termine “rischio”? Nell'uso comune, il termine rischio è associato alla possibilità che si verifichi un danno. Tuttavia, lo standard internazionale ISO 31000:2009 definisce il rischio come “effect of uncertainty on objectives”, e di un decennio prima è la definizione che interpreta i rischi come “eventi futuri e incerti che possono influenzare il raggiungimento degli obiettivi strategici, operativi e finanziari di un’istituzione”.

Nonostante la mancanza di una visione univoca sul concetto di rischio, è possibile identificare tre elementi che lo caratterizzano:

1. il verificarsi di un evento,

2. l’incertezza sul se e sul quando l’evento si realizzerà,

3. la presenza di un effetto che origina dal suddetto evento.

Da ciò è possibile definire il rischio come la combinazione tra la probabilità che un determinato evento si verifichi e le conseguenze (impatto/danno) che questo evento provoca al suo realizzarsi. Rispetto alle conseguenze, si è visto, dunque, che è possibile identificare due diverse dimensioni del rischio:

  • il rischio nelle sue manifestazioni negative, noto anche come downside risk,
  • il rischio nelle sue manifestazioni positive, noto anche come upside risk.

Gestire il rischio, quindi, significa agire sulla probabilità di accadimento di un evento e/o sulle sue conseguenze negative o positive.

In linea generale, il risk management è inteso come un insieme coordinato e sistemico di azioni, iterative e continuamente aggiornate, funzionale al rispetto degli obiettivi di un’organizzazione, volto a identificare e gestire rischi di diversa natura, con lo scopo di creare e preservare valore per l’azienda e per gli stakeholder.

Nel campo della sicurezza, si ammette in genere che le conseguenze sono esclusivamente negative e quindi la gestione di questo tipo di rischio si concentra sulla prevenzione e sulla riduzione del danno.

Fondamentale è poi il collegamento con gli obiettivi di un’organizzazione, per cui la gestione del rischio è tesa proprio ad evitare o minimizzare gli ostacoli e, quindi, gli eventi dolosi o accidentali, frapposti al raggiungimento dei suddetti obiettivi. Obiettivi che possono essere di diversa natura: strategici, operativi, economici, di sicurezza.

I principi del risk management, definiti dai principali standard, riassumono l’approccio, le finalità e le caratteristiche con cui un’organizzazione deve adottare un sistema di gestione del rischio affinché questo risulti efficace. In linea generale, i principi prevedono che il risk management sia collegato agli obiettivi dell’organizzazione e ne favorisca il perseguimento; sia parte integrante di tutti i processi dell’organizzazione e del processo decisionale, supportando i vertici e il management nelle scelte e nelle priorità delle azioni; tratti in maniera sistematica, strutturata e tempestiva l’incertezza e sia basato sulle migliori informazioni disponibili; sia costruito su misura per l’organizzazione; sia dinamico, iterativo e si adatti al cambiamento; faciliti il miglioramento continuo e il rafforzamento dell’organizzazione.

Trattandosi di un processo, è possibile identificare una serie di fasi e azioni ricorrenti che caratterizzano il risk management:

  • analisi del contesto, finalizzata alla definizione della struttura del processo di risk management (ruoli e responsabilità), dell’ambito di applicazione, della cultura del rischio, e alla rilevazione dei fattori di rischio interni ed esterni;
  • identificazione degli eventi di rischio, finalizzata alla mappatura degli eventi potenziali che possono pregiudicare il conseguimento degli obiettivi dell’organizzazione e all'analisi delle modalità operative e delle cause determinanti gli eventi rischiosi;
  • analisi del rischio, finalizzata alla stima della probabilità di accadimento e dell’impatto generato sulla base di tecniche quantitative e/o qualitative;
  • valutazione del pressing dei controlli sui rischi, finalizzata a valutare l’adeguatezza e l’efficacia del sistema di controllo esistente in relazione ai rischi identificati, al fine di evidenziare il rischio residuo;
  • ponderazione del rischio, al fine di decidere quali rischi trattare e con quali priorità;
  • trattamento del rischio, finalizzato ad individuare e scegliere le soluzioni per modificare il rischio. Questo processo ha come elemento principale il controllo e la mitigazione del rischio, ma si estende fino a comprendere, per esempio, l’eliminazione del rischio;
  • monitoraggio e valutazione, finalizzati a verificare l’efficacia delle soluzioni adottate;
  • reporting e comunicazione, sia interna che esterna al fine di creare una cultura del rischio condivisa e un atteggiamento funzionale all'efficacia del sistema.

 

 

 

 

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Celebrato a Roma il centenario dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro

È stato celebrato a Roma, il 31 maggio scorso, il 100° anniversario dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL). Un’occasione per riflettere sul ruolo della più antica Agenzia specializzata delle Nazioni Unite e di confronto sulle prossime sfide che aspettano i lavoratori di tutto il mondo.

L’evento – organizzato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dall’OIL, con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – si è svolto in Campidoglio, nella Sala degli Orazi e Curiazi che nel 1969 ospitò il cinquantenario dell’Organizzazione.

Alla prima parte della mattinata, dedicata al “Futuro del Lavoro”, hanno partecipato Claudio Cominardi, Sottosegretario al Lavoro e alle Politiche Sociali, Emanuela Del Re, Viceministro per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale, Guy Ryder, Direttore Generale dell’OIL, Maurizio Landini, Segretario Generale della CGIL e Pierangelo Albini, Direttore dell’Area Lavoro e Welfare di Confindustria.

Le nuove tecnologie offrano opportunità importanti per uno sviluppo inclusivo e sostenibile della nostra economia”, ha ricordato il Sottosegretario Cominardi. Proprio per questo motivo, non devono tradursi in “un passo indietro in tema di dignità, di diritti e di protezione dei cittadini e dei lavoratori”.

Sul proprio versante, il Direttore Generale dell’OIL, Ryder, ha spiegato che le celebrazioni per il centenario saranno focalizzate sul futuro perché “le evoluzioni del lavoro e le trasformazioni digitali, assieme alla dignità dei lavoratori, sono già al centro dell’agenda politica di numerosi Paesi, tra i quali l’Italia”.

Durante l’iniziativa, non è mancato lo scambio con altri attori istituzionali e le Parti Sociali, tenendo fede proprio alla struttura tripartita che caratterizza l’OIL. La presentazione del Rapporto realizzato dalla Commissione Mondiale sul Futuro del Lavoro “Lavorare per un Futuro Migliore” è stata curata dal professor Enrico Giovannini.

Il documento evidenzia l’importanza di cogliere l’opportunità di intercettare le sfide che interesseranno il mondo del lavoro nei prossimi anni, tracciando le linee di azione per i policy maker.
Le raccomandazioni dell’OIL riguardano tre aspetti cruciali: la garanzia di un nucleo di tutele minime per tutti i lavoratori, sia per il salario sia per l’orario di lavoro; il contrasto al lavoro nero e irregolare; la riduzione del digital divide nella popolazione attiva.

Investire nel capitale umano, rafforzare la capacità delle istituzioni che si occupano del lavoro e sostenere la contrattazione collettiva, garantire un lavoro sostenibile e dignitoso. Sono queste le risposte che i singoli Stati devono impegnarsi a portare avanti nella loro azione di governo. In particolare, un modello economico incentrato sulla persona e per uno sviluppo sostenibile si traduce concretamente nell'elaborazione di nuovi indicatori del benessere, nell'adozione di misure distributive della crescita (es. politiche fiscali), nel rafforzamento del dialogo sociale tra le Parti (Governi, datori di lavoro e lavoratori) coinvolte nel cambiamento e nella valutazione dell’impatto ambientale determinato dalle attività economiche. Il fine di questa sinergia di politiche è sempre lo stesso di cento anni fa: garantire la giustizia sociale, l’unico antidoto contro conflitti e guerre.

Fonte: www.cliclavoro.gov.it 

Stress da Lavoro Correlato, l'Oms riconosce ufficialmente il "burnout"

L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha ufficialmente riconosciuto lo stress da lavoro correlato come una sindrome.

Il cosiddetto "burnout", che in italiano potrebbe essere tradotto con il termine "esaurimento", si verifica quando la persona percepisce un carico di lavoro e/o emotivo eccessivo rispetto alle sue possibilità. Altre cause potrebbero essere un senso di impotenza o di mancanza di controllo sul proprio lavoro, l'assenza di equità all'interno dell'ambiente lavorativo oppure il venir meno del senso di appartenenza ad un gruppo di lavoro.

Non trattandosi di vera e propria malattia, ma di "problema associato alla professione", i sintomi possono essere molti e diversi tra loro: si passa dall'esaurimento emotivo all'insonnia, fino all'abuso di alcol, dalla mancanza di energia o spossamento, all'aumento dell'isolamento e più in generale sensazioni di negatività e cinismo legati al lavoro, frustrazione e apatia.

Anche se la diagnosi non è sempre così semplice, le conseguenze del burnout sono evidenti e concrete:

  • calo delle prestazioni e dell'efficienza
  • deterioramento delle emozioni originariamente associate al lavoro
  • atteggiamenti negativi
  • mancanza di adattamento
  • aumento dell'assenteismo
  • aumento del turnover
  • peggioramento dello stato di salute

Tarik Jasarevic, portavoce dell'Oms, spiega l'importanza di questo passo avanti e delle altre novità inserite nella classifica: "Questa è la prima volta che il burnout viene incluso nella classifica. Il nuovo elenco, Icd-11, che entrerà in vigore nel gennaio 2022, contiene molte altre aggiunte, inclusa la classificazione del "comportamento sessuale compulsivo" come disturbo mentale, sebbene si fermi prima di aggravare la condizione insieme a comportamenti di dipendenza. Per la prima volta inserisce i videogiochi fra i "disturbi da dipendenza", insieme al gioco d'azzardo e alle droghe come la cocaina. La condizione di transgender viene spostata dalla lista dei disturbi mentali a quelle delle "condizioni relative alla salute sessuale".

Infine, nonostante l'Oms non abbia ancora stabilito una terapia per trattare i pazienti affetti da burnout, certamente è possibile adottare delle strategie e degli accorgimenti per prevenire il verificarsi di queste dinamiche: per esempio, sarebbe opportuno porsi degli obiettivi realistici, variare la routine e fare delle pause. Sarebbe inoltre auspicabile promuovere la comunicazione e incontri con il personale per favorire un clima collaborativo; riconoscere e valorizzare le competenze dei lavoratori cercando anche, se necessario, di promuovere una riorganizzazione del lavoro.